Durante i primi tre mesi del 2015, l'economia globale è cresciuta del 2,2 per cento, 0,8 per cento in meno di quanto preventivato dall'International Monetary Fund (IMF). Ciò è dovuto, in larga parte, ad una minore crescita della produzione statunitense. Alla crescita più debole hanno inoltre contribuito dei fattori eccezionali quali, il difficile clima invernale e la riduzione degli investimenti del settore petrolifero. Nelle economie in via di sviluppo e nei mercati emergenti si è assistito ad un indebolimento della crescita della produzione e della domanda interna.
Il peggioramento riscontrato nel Nord America non ha influito sui fattori determinanti che stanno attualmente stimolando la crescita del consumo e degli investimenti negli Stati Uniti. L'aumento dei salari e degli stipendi, le condizioni del mercato del lavoro, le favorevoli condizioni del mercato finanziario, la riduzione del prezzo del carburante ed un settore immobiliare in crescita, rimangono, fortunatamente, intatti.
In Europa, la ripresa economica dell'area dell'Euro sembra essere essenzialmente in linea con le attese, caratterizzata da una robusta ripresa della domanda interna e da un’inflazione che inizia ad aumentare. Le proiezioni di crescita sono state rivedute al rialzo per molte delle economie dell'area Euro. Questi sviluppi necessitano di un attento monitoraggio, poiché la loro influenza nel quadro economico dell'UE, potrebbe rivelarsi più forte, rispetto a quanto originariamente atteso. Attualmente l’IMF prevede un rallentamento della crescita nelle economie dei paesi in via di sviluppo che dovrebbe passare dal 4,6 per cento del 2014 al 4,2 per cento nel 2015. Il rallentamento è dovuto alla riduzione dei prezzi delle merci e a condizioni di finanziamento esterno meno flessibili - particolarmente all'interno dell'America Latina e nei paesi esportatori di petrolio – oltre alle rigidità strutturali, all’andamento dell’economia cinese e alle alterazioni economiche conseguenti a fattori geopolitici, in particolar modo all'interno di alcuni Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa.
Nelle economie avanzate, la crescita è vista in progresso, dall'1,8 per cento del 2014 al 2,1 per cento previsto per il 2015, fino a raggiungere una crescita attesa del 2,4 per cento per il 2016. Questo graduale miglioramento è più rapido di quanto precedentemente prospettato, in parte grazie alle politiche monetarie favorevoli. L'aumento degli investimenti in infrastrutture pubbliche, resta un potente strumento di politica economica in grado di stimolare l'economia. Permane comunque urgente il bisogno di realizzare riforme strutturali all'interno delle economie avanzate, mirato sia a fronteggiare le conseguenze della crisi che a stimolare, al contempo, la ripresa della produzione.
Nelle economie in via di sviluppo le politiche macroeconomiche in grado di stimolare la domanda sono normalmente più limitate. In molte di queste economie, il sostegno alla domanda dovrebbe pervenire dal ribilanciamento delle politiche fiscali, in modo da spingere la crescita di lungo termine, utilizzando misure quali le riforme fiscali e la ridefinizione delle priorità della spesa pubblica.
Tra i Paesi importatori di petrolio, la discesa dei prezzi del carburante ha ridotto le pressioni sui prezzi e le vulnerabilità esterne, alleviando il peso posto a carico delle politiche monetarie. Le riforme strutturali atte a migliorare la produttività e a rimuovere le rigidità della produzione sono attese, in modo urgente, da molte economie.
Nel complesso, questi sviluppi non hanno in alcun modo modificato le prospettive relative all'economia globale. I Paesi con economie avanzate stanno riscontrando una crescita più lenta nel 2015 a causa della debolezza evidenziata nel primo trimestre. L'IMF si attende una crescita del 3,3 per cento a livello globale, leggermente inferiore a quanto visto nel 2014, con un miglioramento graduale all'interno delle economie avanzate e un rallentamento nelle economie in via di sviluppo e dei mercati emergenti. Per il 2016, la crescita si prospetta migliore, in rafforzamento al 3,8 per cento come conseguenza, in molti paesi con economie in difficoltà, del positivo rimbalzo evidenziato dalle attività economiche.